Come e perché Napoleone si accontentò di quadri e poderi e ci lasciò i libri

Faenza e un po’ di-mondi. Le buone cose di storico gusto della Biblioteca Manfrediana

Alla fine del 1796 le armate napoleoniche, dopo aver sbaragliato gli eserciti austriaco e pontificio, giunsero anche dalle nostre parti. Uno dei primi atti della nuova amministrazione fu il sequestro dei beni di conventi e monasteri presenti in numero massiccio nel territorio.
I beni si dividevano in: 1) molto appetibili;  2) molto meno appetibili.
Alla prima categoria appartenevano i poderi, le case, gli oggetti preziosi e/o artistici; alla seconda i libri. Infatti i conventi possedevano quasi sempre delle biblioteche, alcune volte anche molto cospicue.

Tutti i volumi di queste biblioteche monastiche furono accumulati nei locali del palazzo dei Gesuiti  che è l’attuale Liceo Classico e furono anche inventariati con l’intenzione di far nascere una biblioteca pubblica, aperta a tutti (cioè ai pochi che sapevano leggere).

Tale prezioso inventario è considerato il primo atto fondativo della nostra biblioteca. Tuttavia nei turbinosi anni del governo napoleonico, tra una guerra e l’altra, alle intenzioni non seguirono i fatti e la biblioteca non fu aperta.

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